Internet e Costituzione: il digital divide
Nel corso di una conferenza stampa in streaming del mese scorso, convocata al termine del Consiglio dei Ministri per illustrare le misure a favore delle imprese per fronteggiare l’emergenza Covid-19, un giornalista ha riportato che secondo l’Istat un terzo delle famiglie italiane non ha un PC e che tuttavia il diritto all’istruzione è garantito e tutelato espressamente dalla Costituzione. Cosa si può fare quindi per supportare concretamente le famiglie meno benestanti in questo senso?
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, ha risposto che: “Se fosse per me inserirei una modifica costituzionale e il diritto all’accesso alle reti info-telematiche, quindi la possibilità di collegarsi a Internet dovrebbe essere costituzionalmente tutelato”. Il concetto dell’uguaglianza sostanziale, contenuto del secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione, prevede che la Repubblica rimuova gli ostacoli di ordine economico e sociale, che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Effettivamente, nel 2020 possiamo serenamente dire che l’accesso a internet sia lo strumento di partecipazione più concreto ed efficace. Purtroppo, il digital divide, concetto che segna il divario tra chi ha possibilità di accedere in modo adeguato alla rete e chi, invece, questa possibilità non ce l’ha, rappresenta una problematica attuale. Il digital divide rappresenta chiaramente un’esclusione dai benefici del progresso tecnologico e dell’innovazione. C’è una sentenza del Giudice di Pace di Trieste (n. 587 del 30 luglio 2012), che riporta che “Ormai da tempo la giurisprudenza è orientata nel ritenere che il distacco o il mancato allaccio della linea telefonica e internet costituiscano un danno patrimoniale e esistenziale per il titolare del contratto e della sua famiglia, danno considerato particolarmente grave in un’epoca in cui la comunicazione è fondamentale in ogni aspetto della vita quotidiana”.
Sono passati ormai dieci anni da quando il giurista Stefano Rodotà, nel novembre 2010, in occasione dell’Internet Governance Forum Italia a Roma, propose di inserire un articolo “21-bis” nella Costituzione della Repubblica, con la finalità di far rientrare l’accesso alla rete quale diritto fondamentale costituzionalmente garantito. Al momento, secondo una ricerca condotta da Digital Economy and Society Index (DESI) l’Italia si posiziona al 25esimo posto in Europa per divario digitale e stando a quanto emerge dal Capgemini Research Institute, la pandemia da Coronavirus ha mostrato tutte le drammatiche conseguenze della mancanza di connettività e dell’analfabetismo informatico in molte zone del mondo.
Una delle sfide del presente, in Italia e nel mondo, è quella che vede organizzazioni private e istituzioni pubbliche a collaborare per promuovere politiche concrete che vadano in questa direzione.